Fine: 24 agosto 2012
Anni
fa vidi per caso il film di Tim Burton. Ne rimasi stregata e con grande gioia
scoprii che il film era stato tratto da un omonimo libro. Doveva essere un
libro meraviglioso!!!! Normalmente prima leggo i libri e dopo (se è il caso)
guardo i film; in questo caso però non avevo avuto scelta. Dovevo leggere anche
il libro! L’ho cercato in lungo e in largo ed alla fine tre mesi fa l’ho
trovato su IBS. Mi ripromettevo di leggerlo subito e l’ho cominciato il 24
giugno… ma poi è rimasto parcheggiato in doppia fila sul comodino per mancanza
di tempo. L’ho portato in vacanza con me decisa a finirlo. Dico “decisa” perché
in realtà mi ci è voluta molta determinazione già solo per arrivare a metà…
finirlo rappresentava un problema. L’ho trovato noioso, ma noioso tanto.
Insulso, inutile. Niente … il vuoto .. non capisco. Partendo da un film tanto
bello mi aspettavo un libro a dir poco eccezionale… e mi sbagliavo. Leggendolo
mi sono accorta di quanto le varie storielle raccontate su Edward Bloom siano
slegate e anche un po’ scarne e quindi adattabili cinematograficamente con una
certa libertà arricchendole di molti elementi che non fuorviano ma regalano più
magia. Già, la magia delle immagini. Peccato che un libro dovrebbe avere la
stessa magia delle immagini, che permettano al lettore di vedere con la mente
quello che sta leggendo (Il signore degli Anelli è un esempio di capacità di
creare perfette immagini nella mente del lettore). Invece Big Fish non ha
questa capacità. È la collezione privata di alcune storielle di famiglia,
quelle che girano attorno al personaggio di Edward Bloom, uomo nato in una
giornata di pioggia e che dal nulla è diventato un eroe, un rispettabile uomo
d’affari, un superuomo, un viaggiatore, etc… Le storie vengono raccontate al
lettore con una semplicità disarmante (e disarmante in questo caso non è un
complimento) in un momento molto particolare della vita di Edward: la sua
prossima dipartita a miglior vita. Il Signor Bloom è steso da giorni nel letto
della camera degli ospiti in procinto di salutare la terra e, alternativamente,
gli fanno visite la moglie Sandra, il figlio William e il Dottor Bennet. I tre
si trovano in casa con lui ed ogni momento pare essere ottimo per fare quelle
che poterebbero essere le ultime chiacchere. Dico chiacchere perché Edward
Bloom continua a scherzare, non vuole discorsi seri, grandi parole o silenzi
solenni, no no lui continua a raccontare storielle buffe e barzellette facendo
infuriare William, che si chiede come il padre non riesca ad essere serio
nemmeno in un momento così. Come dice la quarta di copertina “a furia di
raccontare le sue storie, un uomo diventa quelle storie”; questo è esattamente
quello che è accaduto ad Edward Bloom, non si scindono più le storie
fantastiche da quelle realmente accadute. Lui è tutte quelle storie, né una di
più né una di meno. Ho cercato di capire se vi fosse un qualche significato
allegorico dietro tutto questo; la forza della vita sulla morte? La capacità di
non arrendersi? Sinceramente se esiste, io non l’ho trovato. Così l’unica idea
che mi sono fatta è che sia un libro costruito in modo alternativo (con buona
originalità) ma fondamentalmente vuoto. Vi si può scorgere qualche
insegnamento, qualche morale, ma sicuramente è vuoto. Non lascia nulla, non
aggiunge nulla. Racconta storie fantasiose (molto fantasiose) che rasentano
l’assurdo e la mitizzazione… ok, fermi tutti… Non voglio dare un’immagine così
negativa del libro, però è veramente difficile dire dei pregi. L’unico forse è
la poetica. Si la poesia. Le storie emanano un non so che di aulico… credo sia
il linguaggio misto al contenuto, ma rende questa impressione. Leggetelo. Sono
187 pagine. Sembrano poche e sicuramente numericamente lo sono, ma non sarà
così rapido come pensate. Magari qualcuno di voi mi farà notare cose che mi
sono sfuggite. Mi piacerebbe davvero trovare un qualche elemento interessante,
ci ho provato ma non ci riesco. Non riesco nemmeno a ricordare una delle
storielle raccontate… non credo sia un buon segno!
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