Inizio: 22 ottobre 2012
Fine: 23 ottobre 2012
Nuovo capitolo delle avventure medievali di Ignazio de Toledo, il
personaggio inventato da Marcello Simoni.
Anno del Signore 1227. Nella diocesi di Narbonne una non meglio precisata
monaca si trova a fronteggiare quelli che vengono chiamati ossessi, che portano
i segni di Airagne. Nello stesso momento Ignazio, accompagnato dal fedelissimo
Willalme ed al figlio ritrovato Uberto, sta viaggiando alla volta del Regno di
Castiglia per far visita il Re Ferdinando III. Egli stesso lo ha fatto chiamare
per motivi ancora oscuri. Giunto a corte Ignazio viene ricevuto quasi subito
dal Re, un cavaliere in armatura, Filippo di Lusitano e dal frate domenicano
Pedro Gonzalez de Palencia. Ferdinando li mette al corrente del fatto che la
zia, Bianca di Castiglia, Regina di Francia e vedova di Luigi VIII è scomparsa
nel nulla. Si sospetta un rapimento (probabilmente è prigioniera del Conte di
Nigredo) ma senza ancora aver chiaro quale possa essere la merce di scambio.
Bianca, fervente cattolica in perenne crociata contro l’eresia catara della
Linguadoca, non era ben vista dalla nobiltà francese, ciononostante godeva
dell’appoggio della Santa Sede, nella figura del Cardinale Romano Frangipane. Queste
notizie però giungono da lontano e per di più dalla bocca di un pazzo, un
ossesso, che nemmeno ricorda di averle dette e perché. Il compito che lo
aspetta nasconde qualcosa di molto insidioso; Ignazio vorrebbe tirarsi indietro
ma facendolo scopre con gioia che il suo
nome è stato suggerito dal vecchio magister Galib, al quale il frate filosofo è
affezionatissimo. Il buon vecchio appare nella sala proprio nel momento in cui
Ignazio sta cercando di scrollarsi dalle spalle l’incarico e, a questo punto,
vedendo la stima che il buon vecchio magister ripone in lui, accetta. Galib ha
però un altro piccolo incarico, più segreto e misterioso da affidare ad Uberto,
che precederà sulla strada il padre di poche ore, partendo di notte
all’insaputa di tutti: correre da un certo Reymond de Pereille e farsi dare
quello che viene definito il Turba Philosophorum. Un raro manoscritto di valore
immenso. Ovviamente sia Ignazio che Willalme sono a conoscenza dell’incarico di
Uberto anche se non nei particolari. Nella notte però il buon magister viene
ucciso, avvelenato con l’erba diaboli. Chi è la persona che Galib a incontrato
rientrando nelle stalle? Perché aveva il ciondolo simbolo di Airagne appeso al
collo? Che cos’è Airagne? Il giorno seguente Ignazio, il buon Willelme e la
scorta capeggiata da Filippo di Lusitano (vecchia conoscenza del mercante)
partono alla volta della Linguadoca, diretti verso Teluan.
Si cambia scena, ci ritroviamo nella cella nella quale è reclusa Bianca di
Castiglia, assieme al cardinale Frangipane. Tra i due sembra esserci un
rapporto di odio e amore molto instabile; insieme a loro v’è rinchiuso un terzo
elemento, il capo delle milizie, Humbert de Beaujeu, il quale sta cercando
disperatamente un modo per evadere dal torrione nel quale sono rinchiusi da
giorni, senza che il Conte si sia mai degnato di venir a far visita loro o far
sapere cosa volesse in cambio della loro libertà. Senza contare che nessuno sa
chi sia questo Conte di Nigredo. Humbert si imbatte in quella che potrebbe
essere una fucina o molto più nelle segrete…
Uberto vola la rocca di Montsegur, verso Reymond, trovandosi all’avventuro
solo per la prima volta, volendo dimostrare al padre tutto il suo valore e,
perché no, farlo preoccupare un po’. Non sospetta minimamente che qualcuno ha
avvelenato colui che gli ha affidato questo compito. Ma è decisamente troppo
tardi quando capisce che Raymond de Pereille non è disposto ad aiutarlo, deve
difendere una rocca catara, l’ultimo baluardo dei bon chretiens. Gli Archontes
si sono avvicinati anche troppo. Uberto sta ancora domandandosi cosa siano gli
Archontes (le milizie di Nigredo che combattono sotto il vesillo di un sole
nero in campo giallo) e cosa sia Airagne, quando viene sbattuto in cella. Per
fortuna una bella signora accorrerà in suo soccorso ed egli riuscirà anche a
portare con se il Turba Philosophorum…
Da questo momento in poi nel libro la storia di divide in diversi rami:
Uberto salva una ragazza che è passata sotto la tortura di padre Blasco da
Tortosa ma poi si trova ad inseguirla perché essa fugge costantemente. Ignazio,
Willalme Filippo e Thiago vanno in direzione Tolosa per parlare con il Vescovo
Folco dell’ossesso che sembra aver rivelato l’ubicazione di Bianca. Ovunque
girino i loro occhi v’è devastazione (a parte quella fatta contro gli eretici
Catari dalla Confraternita Bianca di Folco, anche gli Archontes sembrano
interessati a devastare; tuttavia essi sequestrano tutti gli abitanti senza
ucciderli…); passati da Folco proseguono per l’hospitum di Santa Lucina, dove
sembrano essere rifugiati altri ossessi. Ignazio scopre così un tradimento
imperdonabile, ma allo stesso tempo si rende conto che non v’è traccia di
Uberto, che invece dovrebbe precederli da giorni. Piano piano il folle progetto
alchemico del Conte di Nigredo esce allo scoperto, Ignazio mette uno accanto
all’altro i tasselli che trova di volta in volta. Tuttavia qualcosa ancora non
torna…
Come sempre Marcello Simoni ci trascina in un vortice di colpi di scena e
intuizioni… come già mi era successo con il suo primo romanzo, ho letto di
filato tutto il libro senza riuscire a fare pause. Mi piace veramente molto il
modo di scrivere di questo giovane autore. Mi piace il personaggio di Ignazio
così sagace ed al limite, così borderline… un po’ troppo borderline: forse in
quei lontani e bui anni medievali non vi sarebbe stato spazio per un
personaggio che sembra avere l’apertura mentale di un laico, nato e cresciuto
devoto alle scienze, tipico però del ventesimo e ventunesimo secolo.
Da leggere, ovviamente!