Inizio: 2 settembre 2013
Fine: 5 settembre 2013
Decisamente
incuriosita dalla controversia che caratterizza questo libro, l’ho comprato. Di
solito cerco di farmi un’idea personale, tutta mia, di libri ed autori, a
prescindere dalle convinzioni (più o meno condivise) generali. Non ho guardato
la trasposizione cinematografica per via della prima regola ferrea di Ileen
Elayne: prima si leggono i libri dopo si guardano (eventualmente) i film.
Tornando ad Educazione Siberiana…
Devo
dire che, nonostante il tema ostico, è tremendamente scorrevole ed interessante.
Tanti complimenti a Nicolai se l’italiano è tutta farina del suo sacco. Mi
spiego meglio: il lessico potrebbe essere più preciso, così come le strutture
grammaticali, nonostante tutto il linguaggio, nel senso di “potere comunicativo
delle parole”, è eccezionale. Sul fatto
che poi tutto sia vero… sinceramente non saprei. Non è tanto il fatto che le
situazioni siano inverosimili, ho letto documenti storici decisamente peggiori,
ma mi rende perplessa il rifiuto di Nicolai di tradurre il suo libro in russo.
L’autore, dal canto suo, giustifica questa scelta fondandola sul rispetto degli
Urca; io, dal canto mio, credo che gli Urca possano accedere comodamente alle
versioni in inglese o francese qualora volessero… quindi…
molti
credono che la sua autobiografia sia inventata di sana pianta ed il suo
rifiutare la scorta fa pensare che non abbia proprio nulla da temere. Tuttavia
non ho abbastanza elementi per decidere se fare di lui un furbo o un uomo con tanto
di quel pelo sullo stomaco, che la metà basterebbe. Quello che posso dirvi è
che questo autore, se non racconta la sua biografia, ha creato una gran bella
autobiografia fittizia e quindi, i miei complimenti comunque. La storia narra
della sua vita, dall'infanzia. Si ripercorrono le abitudini della vita tradizionale
criminale degli Urca, dalla quale la famiglia di Nicolai “Kolima” Lilin
discende e della quale lui è parte integrante. Ambientata in Transnistria (una
zona indipendente ma mai riconosciuta come tale, disputata da Russia e
Moldavia) la sua infanzia da educando siberiano passa spensierata tra risse,
arresti, armi, retate, lotte contro a polizia e “nonni” che seguono la sua
educazione. Niente di particolarmente cruento come si potrebbe immaginare, ma
molto codificato. Nicolai impiega pagine su pagine per spiegare
dettagliatamente il pensiero degli Urca, la loro concezione di rispetto degli
altri e il loro disgusto per la violenza (gratuita oppure non giustificata).
Spiega in modo interessante la loro concezione di religione, lo stretto legame
con le icone e con le armi e il rifiuto della cultura americana. Dedica un
capitolo intero ai tatuaggi: non semplici disegni simbolici, ma veri e propri
libri “sofferti”, per usare le sue parole, dai criminali. Questi intricati
disegni racchiudono tutta la loro biografia, secondo regole ben precise e riti
quasi al limite del fanatismo religioso. Certo, bisogna essere in grado di
leggerli e per farlo bisogna essere dei kol’sik (tatuatori… ma nel senso alto
del termine, quasi fossero cerimonieri o sacerdoti). Questo è il lavoro che
Nicolai ha scelto di imparare da nonno Lesa. Un lavoro che all'apparenza non ha
a che fare con traffici illeciti e crimini, ma altamente qualificato e
difficile. Non che nella vita del giovane manchino i crimini ed il conseguente
carcere. Nel capitolo “il giorno del mio compleanno” Nicolai percorre un intero
quartiere (il quartiere Ferrovia) ripercorrendo una serie di risse ed imboscate
con tanto di feriti in modo grave che, ovviamente, gli aprirono le porte del
carcere minorile (non che fosse la prima volta che veniva condannato). Ho letto
molte lamentele riguardanti l’abitudine dell’autore di saltare avanti ed
indietro nel tempo, senza permettere al lettore di seguirlo con semplicità. A
mio modesto parere gli interventi molto frequenti di Lilin (che in questo modo
produce molteplici racconti mentre sta narrando un evento particolare) sono
spesso molto utili e sempre pertinenti, oltre a non coprire mai più di una
pagina o due; non c’è dispersione e il lettore si raccapezza molto facilmente. Sicuramente
il capitolo citato sopra rappresenta perfettamente un continuo flashback,
necessario alla narrazione di alcuni eventi. Al carcere minorile poi, l’autore
dedica un intero capitolo, abbastanza breve ma particolarmente truce. Non che
ci si possa immaginare la vita in carcere diversa da così, però la violenza
descritta in alcuni (la maggior parte) dei comportamenti è davvero realistica. Alcune
descrizioni poi, sono un po’ forti rispetto al resto del libro, ma alla fine,
trattandosi di vita carceraria, ci stanno. Non c’è sadismo nel racconto di
Nicolai, solo i fatti, che già da sé sono raccapriccianti. In effetti tutta la
narrazione si limita ai fatti, dai fatti prende spunto per raccontarne altri o
giustificarne alcuni. Tutto gira intorno a questo. Non ci sono mai giudizi di
Nicolai, solo quelli di Kolima che alle volte traspaiono dai dialoghi. Convinzioni
che vengono difese perché espressione dell’educazione siberiana. L’autore
spunta qua e là precisando qualcosa, senza vergogna o rammarico per ciò che
prima avveniva nella sua vita, semplicemente ricordando all'autore che Nicolai
e Kolima non sono più necessariamente la stessa persona. Eppure anche in questi
brevi stralci non ha mai parole di biasimo o rimprovero verso quell'educazione ricevuta
da bambino; al massimo si limita a dire “è l’educazione siberiana che parla per
me”.
Concludendo,
cercherò qualche informazione per comprendere quanto ci possa essere di vero in
questa pseudo o tale autobiografia. A prescindere da questo però, ho comunque
trovato un libro diverso da molti di quelli in commercio attualmente, che
tratta di un tema particolare e non semplice. Ho trovato il modo di scrivere
molto piacevole e scorrevole e quindi ve lo consiglio. Quanto ai contenuti,
veritieri o no, trovo che vi siano notevoli punti di riflessione… perciò Lilin
è decisamente promosso!
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